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Grotte di Chauvet, Francia. Circa 32000 anni sono state rappresentate 500 immagini di elementi naturali. |
Questo testo appartiene a Civiltà
antiche e antichi misteri
L’apporto della genetica molecolare alla comprensione dei processi evolutivi
ipotizzati da Charles Darwin nel diciannovesimo secolo è stato fondamentale per
comprendere i processi chimico-organici che regolano il passaggio delle informazioni
genetiche dai genitori ai figli. Il processo di selezione naturale e la deriva
genetica hanno guidato i percorsi evolutivi della nostra specie per milioni di
anni, determinando l’acquisizione di nuovi comportamenti, ma ad un certo punto
dell’evoluzione umana quest’ultimi sono stati influenzati da un altro fattore.
Le indagini condotte sul genoma umano dimostrano che le qualità genetiche della
nostra specie si erano già formate quando i sapiens arrivarono per la
prima volta in Europa 40.000 anni fa, e che le piccole variazioni del genoma
avvenute fino ad oggi non sono sufficienti per giustificare l’enorme
complessità di comportamenti acquisiti dalla nostra specie. Tuttavia, dal
momento dell’apparizione dell’Homo sapiens in Europa, trascorsero 30.000 anni
prima che avvenisse un significativo sviluppo socio-culturale. Circa 10.000 anni fa si ebbe la prima rivoluzione agricola e da quel momento lo sviluppo culturale
della nostra specie imboccò un binario decisamente più veloce.
Dunque, se le qualità genetiche dell’Homo Sapiens si erano già formate 40.000 anni fa, come mai ci vollero 30.000 anni prima che si verificasse un significativo progresso socioculturale? E come mai una volta innescato il processo di civilizzazione l’evoluzione sociale e tecnologica è stata esponenziale e ad oggi prosegue verso confini inimmaginabili nonostante non vi siano sostanziali differenze genetiche tra gli uomini di oggi e quelli dell’età della pietra? Il Paradosso preistorico verte proprio sullo scarto temporale che separa la formazione del genoma umano moderno e il “decollo” socio-culturale.
Oggi sappiamo per certo che l’evoluzione culturale e scientifica dell’Homo sapiens non è stata determinata da nuove qualità genetiche emerse improvvisamente all’alba dell’epoca storica, e che gli uomini dell’età della pietra non erano meno intelligenti di quelli che furono protagonisti del processo di civilizzazione (o degli stessi uomini del ventunesimo secolo), semplicemente erano meno sapienti.
Lo sviluppo di un linguaggio articolato facilitò la condivisione delle esperienze personali e la trasmissione del sapere, favorendo la formazione di un “bagaglio culturale” che poteva essere ereditato dalla successive generazioni. Con il passare dei millenni l’accrescimento del sapere fece sì che ogni individuo potesse contare sull’esperienza delle generazioni che lo avevano preceduto e in questo modo l’evoluzione culturale determinata dall’accrescimento del sapere iniziò ad influenzare i comportamenti umani in maniera di gran lunga superiore a quanto potessero fare la lentissima evoluzione genetica e la selezione naturale. L’invenzione della scrittura favorì i rapporti sociali e l’accrescimento del sapere e non è un caso che lo sviluppo delle prime civiltà storiche coincida con l’invenzione di un sistema che fosse più efficace della comunicazione verbale nel trasmettere le informazioni. Mano a mano i Sapiens svilupparono capacità concettuali che, seppur latenti, erano innate da molto tempo nella mente umana.
Dunque, se le qualità genetiche dell’Homo Sapiens si erano già formate 40.000 anni fa, come mai ci vollero 30.000 anni prima che si verificasse un significativo progresso socioculturale? E come mai una volta innescato il processo di civilizzazione l’evoluzione sociale e tecnologica è stata esponenziale e ad oggi prosegue verso confini inimmaginabili nonostante non vi siano sostanziali differenze genetiche tra gli uomini di oggi e quelli dell’età della pietra? Il Paradosso preistorico verte proprio sullo scarto temporale che separa la formazione del genoma umano moderno e il “decollo” socio-culturale.
Oggi sappiamo per certo che l’evoluzione culturale e scientifica dell’Homo sapiens non è stata determinata da nuove qualità genetiche emerse improvvisamente all’alba dell’epoca storica, e che gli uomini dell’età della pietra non erano meno intelligenti di quelli che furono protagonisti del processo di civilizzazione (o degli stessi uomini del ventunesimo secolo), semplicemente erano meno sapienti.
Lo sviluppo di un linguaggio articolato facilitò la condivisione delle esperienze personali e la trasmissione del sapere, favorendo la formazione di un “bagaglio culturale” che poteva essere ereditato dalla successive generazioni. Con il passare dei millenni l’accrescimento del sapere fece sì che ogni individuo potesse contare sull’esperienza delle generazioni che lo avevano preceduto e in questo modo l’evoluzione culturale determinata dall’accrescimento del sapere iniziò ad influenzare i comportamenti umani in maniera di gran lunga superiore a quanto potessero fare la lentissima evoluzione genetica e la selezione naturale. L’invenzione della scrittura favorì i rapporti sociali e l’accrescimento del sapere e non è un caso che lo sviluppo delle prime civiltà storiche coincida con l’invenzione di un sistema che fosse più efficace della comunicazione verbale nel trasmettere le informazioni. Mano a mano i Sapiens svilupparono capacità concettuali che, seppur latenti, erano innate da molto tempo nella mente umana.
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Le Grotte di Lascaux, Francia. Di queste opere molte vengono fatte risalire ad una data approssimativa di 17500 anni fa. |