La maschera di Uruk è un manufatto sumero realizzato tra il 3400 e il 3000 a.C.. E' conosciuta anche con il nome "dama di Warka" ed è una delle opere d'arte più antiche della storia. Per descrivere questo manufatto mi affido alle parole poetiche dell'archeologo francese A.Parrot:
Potenza, fermezza, eleganza: erano queste le caratteristiche fondamentali dell'arte che fiorì alla fine del IV millennio e agli inizi del III. Da vent'anni soltanto sappiamo che ad esse va aggiunta una straordinaria sensibilità. Dobbiamo questa rivelazione alla testa femminile trovata a Warka (Uruk), durante gli scavi 1938-1939. Questa maschera di pietra bianca, di grandezza quasi naturale, non è soltanto una rappresentazione plastica di un volto, e si potrebbe dire del volto femminile, ma la testimonianza dell'enigma umano. Un tempo la scultura aveva occhi e sopracciglia incrostati di materia colorata, conchiglie e lapislazzuli. Oggi, nonostante le cavità, nonostante la mutilazione del naso, la pietra non ha perduto niente della sua espressione, negli occhi vuoti si ha l'impressione di sentire la fiamma di uno sguardo. Al di la della fronte sulla quale si stagliano i riccioli della capigliatura, si sente un pensiero attivo e penetrante, e le labbra chiuse non hanno bisogno di aprirsi perché si possano sentire parole. La loro piega, cui risponde quella della guancia, è già essa stessa un linguaggio. E' la donna, misteriosa, che sembra dubitare di se stessa e del suo potere.
Comune mortale, gran sacerdotessa, sposa del re, dea, la maschera di Uruk è degna di tutti questi personaggi. Potrebbe essere l'uno e l'altro. E', in fondo, la sintesi di tutti. Se la paragoniamo alle altre figure umane della stessa epoca (donna in preghiera di Khafagia, maschera virile di Tell Brak, audace prefigurazione del più puro stile cubista) se ne sente ancor di più la superiorità. Nel <<museo immaginario>> della scultura mondiale la testa di Warka è uno di quei pezzi decisivi che sfidano tutte le spiegazioni e s'accontentano di imporsi. Ecco dove siamo giunti, sulle rive dell'Eufrate, nel momento in cui si chiude il periodo proto-storico. Eredità commovente, eppure così pesante! Come ne entreranno in possesso e che ne faranno gli uomini della storia?
Alcuni decenni dopo che A.Parrot scrisse queste meravigliose parole la maschera di Uruk venne trafugata dal museo di Bagdad durante la caduta del regime di Saddam Hussein. Il personale del museo abbandonò l'edificio per paura dei bombardamenti americani e il museo venne saccheggiato. Quando i soldati americani ricevettero l'ordine di proteggere il museo decine di migliaia di reperti erano già stati rubati. Al termine di quei giorni mancarono all'appello circa 15.000 reperti e molti altri rimasero danneggiati durante il saccheggio. In seguito circa 4000 reperti furono recuperati e riportati al museo, tra questi c'era anche la maschera di Uruk. Il museo riaprì nel febbraio 2008, anche se d'allora ben pochi visitatori stranieri hanno potuto mettervi piede.
Fonti:
Mitologia sumerica. Giovanni Pettinato. UTET, 2001
Fonti:
Mitologia sumerica. Giovanni Pettinato. UTET, 2001
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