Tempio a sezione quadrata di Uruk. (fonte immagine link)
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Ziggurat di Uruk, luogo in cui furono trovate le più antiche tavolette scritte in caratteri cuneiformi. Questi ritrovamenti risalgono al 3100 a.C., periodo che corrisponde anche a quello della prima urbanizzazione della storia. (fonte immagine link) |
Il tema centrale di un noto poema epico sumero è proprio l'invenzione della scrittura. Il protagonista del mito è Enmerkar, un mitico Re di Uruk (forse il nonno di GILGAMESH) nominato anche nella LISTA REALE SUMERICA, un'elenco che antepone alle comprovate dinastie storiche la lista dei re mitici che hanno regnato su queste terre prima e dopo il diluvio. Sebbene la reale esistenza di questi re/governatori non è documentata, non è da escludere il fatto che siano realmente esistiti in un lontano passato della millenaria storia mesopotamica e che il loro mito sia lo sbiadito ricordo di una realtà storica precedente all'invenzione della scrittura. Il primo re sulla lista la cui esistenza storica è stata dimostrata da effettivi ritrovamenti archeologici è Enmebaragesi di Kish (circa 2700 a.C.).
Come anticipato in precedenza il poema epico sumero "Enmerkar e il Signore di Aratta" attribuisce l'invenzione della scrittura a Enmerkar di Uruk. Il poema è composto da 636 righe, il primo di un ciclo in cui si narra del conflitto, probabilmente reale, che aveva contrapposto la città di Uruk a quella di Aratta (a differenza di Uruk Aratta non è ancora stata localizzata ma probabilmente sorgeva sui monti iranici).
Il poema non descrive scontri armati, ma solo l'andirivieni di un messaggero che trasmetteva il pensiero dei due sovrani. Il volere di Enmerkar di Uruk era quello di sottomettere Aratta al suo dominio, ma dovette scontrasi con l'opposizione dell'innominato sovrano di Aratta. Il problema della sovranità si intrecciava con proposte di scambi commerciali, tra le granaglie di cui Uruk era ricca e il legname e le pietre dure di cui era provvista la regione di Aratta. Enmerkar faceva pervenire i suo messaggi al sovrano di Aratta tramite un messaggero che li ripeteva a voce davanti al destinatario. Venne però un momento in cui la contrattazione si fece talmente complessa che il messaggero si dimostrò incapace di tenere a mente il lungo e complicato discorso che il suo sovrano voleva recapitare al suo interlocutore. Il testo riporta:
"Il messaggero aveva la lingua pesante, non era capace di riportare il messaggio;
poiché il messaggero aveva la lingua pesante e non era capace di riportare il messaggio,
il Signore di Kullab (Uruk) impastò l'argilla e vi incise e parole come in una tavoletta;
- prima nessuno aveva mai inciso parole nell'argilla -
Ora, quando il dio Sole risplende, ciò fu manifesto:
le parole che il signore di Kulab (Uruk) aveva inciso come in una tavoletta, divennero visibili.
In queste parole viene descritta l'invenzione della scrittura, una delle più grandi invenzioni dell'umanità. Il messaggero prese la tavoletta e si presentò davanti al sovrano di Aratta.
Enmerkar, il figlio del Sole, mi ha consegnato una tavoletta di argilla;
o Signore di Aratta, esamina la tavoletta, prendi il cuore della sua parola;
ordinami ciò che debbo riferire riguardo al messaggio ricevuto.
Il Signore di Aratta dall'araldo prese la tavoletta lavorata artisticamente;
il Signore di Aratta scrutò la tavoletta:
- la parola detta ha forma di chiodo, la sua struttura trafigge -
il signore di Aratta scruta la tavoletta lavorata artisticamente.
Se prima dell'invenzione della scrittura era l'orecchio a ricevere il messaggio, adesso è l'occhio a svolgere questa funzione. E' molto poetica la metafora usata dall'autore di questo poema: "la parola scritta", appunto perché a forma di "chiodo", è atta a trafiggere l'occhio, quasi fosse un'arma, penetrando così nella mente dell'interlocutore. Il chiodo non solo è lo strumento con il quale veniva inciso il testo sull'argilla ma è anche la forma più appropriata per colpire il nuovo organo adibito a ricevere il messaggio. Lo scriba ricorda anche come la scrittura sulle tavolette sia leggibile grazie alla luce irradiata dal dio Sole.
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Fonti:
Fonte testo: Mitologia Sumera, Giovanni Pettinato, Unione Tipografica-Editrice Torinese (UTET)
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