Premessa
...Negli ultimi anni il web è diventato una giungla in cui è sempre più difficile distinguere la realtà dalla falsificazione. Questo fenomeno è da attribuirsi principalmente a due cause. Da un lato ci sono i furbetti che falsificano la realtà per ricavarne un guadagno economico, dall'altro c'è il pubblico che condivide ingenuamente notizie infondate o immagini falsificate, scambiandole per veritiere. Ogni volta che vi capita di cliccare sopra una pubblicità qualcuno da qualche parte, in Italia o nel Mondo, sta guadagnando qualche centesimo di euro per il vostro "clic". E' chiaro che un singolo "clic" è trascurabile in termini di guadagno, ma le pagine che arrivano a contare migliaia di visite giornaliere riescono a ricavare cifre interessanti dagli introiti pubblicitari, grazie ad un maggior numero di "clic" sugli annunci. Tante persone non sono consapevoli che esistono un gran numero di siti specializzati nel comporre notizie che non sono altro che specchietti per le allodole e che il loro unico scopo è quello di attirare pubblico sul sito, in modo che il lettore possa finire volontariamente o accidentalmente su qualche pubblicità. Per farlo usano i modi più disparati, tra cui: titoli sensazionali ed immagini contraffate. Questo è un fenomeno che non riguarda soltanto la categoria dell'ignoto, ma si estende un po' a tutti gli ambienti. Col passar degli anni la falsificazione ha saturato il web di falsi miti, bufale e leggende metropolitane, contaminando in maniera quasi irreparabile la categoria dell'ignoto. So per certo che la storia, ed il mondo che ci circonda, sono pieni di eventi o di fenomeni inspiegabili, dunque è giusto indagarli ed informare le persone riguardo la loro reale esistenza. Ma per quanti che possano essere gli eventi misteriosi reali, le bufale in circolazione saranno sempre cento volte di più, facendo si, che anche laddove il mistero esista veramente, questo risulti totalmente screditato da un'ambiente generale di poca serietà...
Manuel di Civiltà antiche e antichi misteri
La possibile esistenza di giganti nel passato è un argomento che affascina molte persone e per questo motivo tanti sono stati ingannati dalle innumerevoli immagini false che circolano sul web. A tal proposito ho scritto un articolo intitolato "LE FOTO CONTRAFFATTE DEGLI SCHELETRI GIGANTI". lo scopo di questo articolo non è quello di mettere una pietra tombale sulla possibile esistenza dei giganti in passato, ma dimostrare che le prove su cui molte persone basano le loro certezze sono totalmente false. Dal canto mio non saprei dire se uomini giganti siano realmente esistiti in passato e nel caso quanto potevano essere effettivamente alti, però nutro il sospetto che i numerosi miti sparsi tra le varie culture del pianeta possano contenere un fondo di verità. Sicuramente è possibile che siano esistiti alcune popolazioni con una statura significativamente superiore alla media e che l'incontro tra quest'ultimi e popolazioni indigene abbia fatto fatto nascere miti in varie parti del mondo agli albori delle civiltà. A pensarci, anche un individuo di due metri di altezza avrebbe potuto destare grande meraviglia se portato all'interno di una comunità dove l'altezza media di un uomo non supera il metro e cinquanta e da un simile incontro sarebbero potute nascere storie folcloristiche destinate a perdurare per secoli. Come ho detto in precedenza non ho prove materiali per valutare la possibile esistenza passata di uomini più alti di quanto ipotizzato nel mio ragionamento, ma allo stesso tempo non mi sento neppure di escluderla categoricamente. Per il momento riconosco che le prove materiali della passata esistenza dei giganti non sono molto consistenti, ma allo stesso tempo le memorie più antiche dell'uomo, conservate nel mito, lasciano aperto uno spiraglio su questa ipotesi.
Qui di seguito ho riportato uno dei tanti miti sui giganti giunti fino ai giorni nostri, il mito conservato nella tradizione orale di un popolo indigeno nativo del Peru' sottoposto all'impero inca. Quanto riportato è tratto dai "commentari reali degli inca" un libro scritto nel 1600 da Garcilaso de la Vega, uno scrittore peruviano figlio di un conquistatore della seconda ondata e di una donna inca di discendenza reale. Ciò che ha scritto nelle sue preziose cronache lo ha appreso dai suo parenti da parte di madre e dai diretti discendenti degli inca che vivevano a Cuzco nei primi anni dopo la conquista, oltre che da questi, ha attinto molte informazioni anche da cronisti più anziani di lui, come Pedro Cienza de Leon, che seguirono i primissimi anni della conquista dell'impero inca. Questi preziosissimi resoconti hanno reso possibile la ricostruzione di tantissimi aspetti sociali della società inca, dall'ordinamento sociale all'idolatria, che altrimenti sarebbero andati persi per sempre dato che gli inca non avevano una forma di scrittura. Oltre a questo la chiesa cattolica si adoperò molto per sradicare le vecchie tradizioni dai nuovi possedimenti, convertendo, con maniere anche brutali, i popoli di quelle terre.
Tratto da "Commentari reali degli inca" di Garcilaso del la Vega, capitolo IX, pag. 899, ed. Bompiani,
anno 1609
anno 1609
...Prima di dipartirci da codesta regione, converrà ricordare una storia degna di nota e di grande ammirazione, che i suoi indigeni si tramandano come retaggio degli avi, antica di molti secoli, secondo la quale certi giganti vi giunsero dal mare prendendo terra su quella che oggi è detta Punta di sant'Elena, e che così fu battezzata perché i primi spagnoli l'avvistarono appunto il giorno anniversario della santa. E, siccome degli storiografi spagnoli che accennano ai giganti Pedro Cienza de Leon è quegli che più ampiamente ne scrive, riportando le testimonianze da lui raccolte nella stessa provincia in cui i giganti vissero, mi è parso opportuno citarlo qui alla lettera; infatti, se è vero che il padre maestro Joseph de Acosta e il cronista Agustin de Zarate dicono le stesse cose, lo fanno in maniera assai sommaria. Ecco dunque quanto afferma Pedro Cienza, capitolo cinquantaduesimo:
"poiché in Perù corre fama dei giganti sbarcati sulla costa alla punta di Sant'Elena che si trova nel dipartimento della città di Puerto viejo (nell'odierno Ecuador), mi è parso bene dar notizia di quanto ne ho udito riferire senza prendere troppo sul serio il volgo e suoi detti, ché esso sempre ingrandisce ed esagera. Ordunque, narrano gli indigeni, in base a quanto udirono dai loro padri, ai quali a loro volta la voce era giunta dagli avi, che via mare erano arrivati, a bordo di zattere di giunco fatte a guisa di grandi barche, certi uomini di statura tale che uno di loro era alto dal ginocchio in giù quanto un uomo comune tutto intero, ancorché di buona statura e che le loro membra erano di dimensioni proporzionate a corpi così difformi, e che mostruosi ne apparivano i capi, tant'eran grossi, e che i capelli spiovevan loro sulle spalle. Sostenevano che gli occhi avevano dimensioni di ciotole. Erano glabri, alcuni di essi vestiti con peli di animali, altri con la pelle che natura diede a loro, né avevano donne con sé; e costoro sbarcati che furono sul promontori, dopo avervi creato uno stanziamento a guisa di villaggio (e ancora oggi gli indigeni conservano memoria del sito), poiché mancavano d'acqua scavarono, onde ovviare all'inconveniente, certi pozzi profondissimi, opera per certo degna di memoria, compiuta come fu da uomini così forti come è presumibile che fossero costoro, data la loro grandezza. E tali pozzi li scavarono nella roccia viva, finché giunsero nella falda acquifera, e non contenti ancora, penetrando con una galleria nel sasso, per modo che durassero molto a lungo, intere età; e se ne estrae acqua assai buona e salubre, e sempre così fredda che è un piacere berla.
"Ordunque, avendo costruito le proprie sedi, e disponendo dei pozzi o cisterne che s'è detto, ai quali attingevano l'acqua, codesti uomini smisurati o giganti che fossero si impadronirono di quanto c'era da mangiare nella contrada e su cui riuscivano a mettere le mani, al punto che sostengono che uno di loro divorasse più che cinquanta uomini nativi di quella terra; e, non bastando a sostenerli il cibo che trovavano, catturavano una gran quantità di pesci del mare mediante le reti e gli apparecchi di cui a tale scopo disponevano.
Erano assai odiati dagli indigeni perché per usare con le loro mogli le uccidevano e lo stesso facevano con gli uomini, per altre ragioni. E gli indiani non erano in numero sufficiente per uccidere questa nuova gente, venuta a occupare la loro terra e a togliergline la signoria; fecero, sì grandi raduni per discuterne, ma non osarono assalirli. Trascorsi alcuni anni, restando pur sempre codesti giganti nella contrada, vuoi perché mancassero loro le donne, e le indigene non si confacevano alle loro dimensioni, o vuoi perché si trattava di un vizio diffuso tra loro per consiglio e sobillazione del diavolo maledetto, sta di fatto che usavano a vicenda del sozzo peccato della sodomia, che è così grande e orribile, e lo commettevano pubblicamente e sorprendentemente, senza tema di Dio e con poco rispetto si sé stessi; e gli indigeni sono concordi nell'affermare che Dio nostro signore, non parendogli tollerabile peccato tanto malvagio, inviò loro un castigo a esso conforme; e dicono pertanto che, mentre tutti coloro che erano perdutamente dediti alla loro maledetta sodomia, ecco che venne fuoco dal cielo, terribile e spaventoso, che faceva gran frastuono, e dal suo mezzo uscì un'angelo risplendente con una spada affilatissima e che assai fulgeva, e con un solo colpo tutti uccise, e il fuoco li consumò, sì che non ne rimasero che poche ossa a calvaria, che a memoria del castigo volle Dio che restassero senza essere consumate dal fuoco. Questo dicono dei giganti e noi crediamo che così avvenne perché, nei luoghi che indicano, si son trovate e si trovano ossa grandissime, e ho udito dire dagli spagnoli che hanno visto frammenti di molari che, a loro giudizio, interi dovevano pesare più di una libra da macellai; e che avevano avuto sott'occhio un'altro frammento d'osso, questo di tibia che è mirabile a dirsi quant'era grande, e che è testimonianza dell'accaduto; e a parte questo, si possono vedere i siti in cui coloro costruirono i propri villaggi, nonché i pozzi ovvero le cisterne, Quanto all'affermare da che parte o per quale via i giganti vennero, no mi ci azzardo, poiché lo ignoro."
"In questo nostro anno 1550, ho udito dire, stando io nella Ciudad de los Reyes, che, essendo viceré e governatore della nuova Spagna l'illustrissimo don Antonio de Mendoza, sono stati quivi rinvenuti certi ossami di uomini, non meno grandi di quelli suddetti giganti; se non addirittura maggiori; e a parte questo ho udito prima ancora che nella Città di Messico, o in altra parte di quel regno, in un antichissimo sepolcro sono stati trovati ossami di giganti, e magari si trattò sempre degli stessi."
fonte:commentari reali degli inca di Garcilaso del la Vega, capitolo IX, pag. 899, ed. Bompiani,
fonte:commentari reali degli inca di Garcilaso del la Vega, capitolo IX, pag. 899, ed. Bompiani,
anno 1609
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